L’orso

Vivo in una regione dove il rapporto fra abitanti e orsi è diventato un problema molto sentito e, purtroppo, molto strumentalizzato per fini politici (di qualsiasi colore) che hanno poco a che fare con la salvaguardia del territorio e della sua economia, degli abitanti e degli stessi animali.
Ma non è su questo che voglio soffermarmi; l’orso è un animale che ha profondi significati simbolici e filosofici e l’interessante articolo di cui vi propongo la lettura (proviene dai mie appunti e non so darvi, con esattezza, la fonte) ne descrive bene questi aspetti che ci forniscono uno sguardo diverso su questo affascinante animale.

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  • Elementi: Fuoco/Terra.
  • Aspetti simbolici e caratteriali: contraddittorio, incosciente, guerriero, materno, istinto protettivo, saggio, pazienza, dolce, silenzioso, forte, veloce, padre/madre/fratello/figlio/amico, feroce, simpatico, coraggioso, calmo, scontroso.
  • Stagioni: primavera ed estate
  • Divinità: Artemide

Tre elementi sembrano aver colpito l’uomo nel suo millenario rapporto con l’orso: la sua somiglianza con aspetti e atteggiamenti propri della specie umana: la sua furia “primitiva” che ne ha fatto per gli alchimisti uno dei simboli della nigredo e per la psicanalisi un segno dell’inconscio; il suo coraggio e la sua forza guerriera. Alcune osservazioni, sia morfologiche sia storiche su antichi miti ci offrono interessanti spiegazioni sulla contraddittorietà dell’orso quale simbolo, al tempo stesso, di energia guerriera e di affetto materno-filiale.
L’orso è forse l’animale rispetto al quale l’uomo avverte maggiormente la sua posizione contraddittoria nel confronti del mondo animale: familiarità e affinità da un lato, estraneità e opposizione dall’altro.
Esso è tuttora , o lo era, prima che gli Occidentali riuscissero praticamente a distruggere quasi tutte le culture tradizionali, dio e al tempo stesso padre, fratello, figlio, amico per tutti i popoli della galassia uralo-altaica, dai Lapponi ai Siberiani ai Pellerossa d’America; ma il suo culto era vivo anche tra i popoli indoeuropei, come dimostrano i miti indiani e quelli greci, quelli celtici e quelli germanici e come racconta la leggenda Osseta .
Quest’antica familiarità, che, se non corrisponde a contenuti archetipici, ha comunque l’aria di venirci molto lontano dalla preistoria, non è stata del tutto tradita neppure ai giorni nostri: l’orso ha una parte di rilievo nelle fiabe antiche come nei disegni animati per bambini, che del resto in una qualche misura da quelle fiabe dipendono almeno per i simboli-base; e l’orsetto di pezza che regaliamo ai nostri piccoli per giocare (forse augurio di forza se offerto ai maschietti, di fecondità se affidato alle femminucce) conserva ancora questa duplice in apparenza per noi occidentali moderni (ma solo per noi) contraddittoria carica di energia guerriera e di affetto materno-filiale.
L’orso è feroce, eppure è simpatico: e nelle sue movenze, talora nei suoi atti e in quel che a noi può sembrare il suo modo di “pensare”, ricorda spesso l’uomo: in ciò può rammentare la scimmia, e non a caso nelle leggende indiane orso e scimmia sono avvicinati: Kipling non ha potuto fare a meno di notarlo. Padre Orso, Figlio Orso, Fratello Orso: le leggende pellerossa e i riti dei Tungusi siberiani sono pieni di espressioni di questo genere, e presso quell’enigma storico-antropologico che sono gli Ainu (forse autentico fossile etnologico, relitto della grande estinta famiglia paleoeuroasiatica e quindi anello di congiunzione – e in realtà residuo dei comuni antenati – di indoeuropei e uraloaltaici) l’orso sacro viene allevato, allattato dalle donne della comunità e amato e vezzeggiato come un bambino prima di essere ucciso con un rituale guerriero dove però gli elementi apotropaici sono molto forti (gli si rammentano i benefici ricevuti, gli si chiede scusa, gli si ricorda che andrà tra gli dei) e mangiato completamente, nel corso di una cerimonia attenta e accurata durante la quale si fa bene attenzione ad assorbire anzitutto quegli elementi – il fegato, il sangue – che danno forza e coraggio e che consentono all’animale di incorporarsi nella comunità, quindi di continuare a vivere in essa. Opposizione, ma anche familiarità: presso i Gilyak, popolazione tungusa della Siberia orientale, l’anima del cacciatore ucciso in combattimento da un orso entra nel corpo della belva. Abbiamo così, in questa grande cultura sciamanica, un esempio di orso-uomo; al contrario (o meglio, reciprocamente), il guerriero sioux che vuol far voto di se stesso in battaglia, giurando di non indietreggiare fino alla morte, indossa la “cintura d’orso”, un indumento di pelle d’orso che qualifica il suo “farsi belva”, il suo trasformarsi rituale in quell’animale tra tutti celebrato per le sue qualità guerriere (per i Dakota l’orso grizzly è il “guerriero a quattro zampe”).Troveremo in area nordico-germanica usi e riti di questo genere, in cui all’orso risulterà associato il lupo: altro enigma la cui soluzione riposa forse in grembo alle dimenticate culture paleoeuroasiatiche.
Il carattere informale e primordiale della natura dell’orso, che sembra giustificare almeno a prima vista la sua ferocia, è sottolineato dalla zoologia antica: secondo Aristotele, seguito da Plinio, i piccoli dell’orso appena nati non hanno ancora forma definitiva, ed è la madre a provvedere a ciò leccandoli accuratamente. Questo tratto specifico – che accomunerebbe ad esempio l’orso al leone, i cui piccoli nascono morti prima che la madre dia loro la vita – ha potuto forse far si che nella teologia cristiana l’orso si avvicinasse all’uomo stesso, anch’esso tutt’altro che autosufficiente appena nato. Nella simbologia cristiana l’orso ha un ruolo relativo, giustificato dal fatto che raramente figura nelle Scritture: a parte l’episodio di Eliseo, dove alcuni orsi usciti dalla foresta fungono da giustizieri nei confronti di fanciulli che avevano deriso il profeta per la sua calvizie. Il fatto però che il cristianesimo si propagasse in Europa, continente ricco d’orsi, immise l’animale anche nell’immaginario cristiano grazie soprattutto alle vite dei santi. In quella di San Gallo, ad esempio – che è il celtoiberico Cellach, fiorito nella prima metà del VII secolo e fondatore della celebre abbazia – un orso gli fornisce il legname da costruzione di cui egli ha bisogno.
Nella leggenda di San Cerbone, raffigurata tra l’altro sull’architrave del portale della cattedrale di Massa Marittima, gli orsi nella fossa dei quali il sovrano goto Totila ha fatto gettare il santo si comportano come i leoni del profeta Daniele, cioè gli lambiscono i piedi. Nella vita di san Giovanni Gualberto, invece, un orso viene ucciso su ordine del santo da un colono: e c’è da chiedersi se non siano qui adombrate le “tre funzioni” dumeziliane (il santo per la prima, l’orso per la seconda, il colono per la terza).
Non è improbabile, in quanto come vedremo – e come già del resto si è qua e là anticipato – fa funzione specifica dell’orso è quella guerriera, e le vite dei santi dell’XI secolo abbondano in episodi nei quali i contadini e i pauperes, con l’aiuto del santo stesso, umiliano i milites, i tyranni, gli effractores pacis.
Non era l’orso-guerriero, comunque, a interessare la simbologia cristiana che in ciò disponeva di altri simboli; la Chiesa, del resto, era preoccupata (almeno fra X e XI secolo, al tempo della conversione dei Germani del nord) del permanere di miti e forse anche di miti pagani protagonisti dei quali era l’orso: è quindi comprensibile non si rifacesse ad esso in contesti militari. Era invece semmai l’amore materno dell’orsa che forma i piccoli a offrire ottima materia di allegorizzazione: e difatti nel duecentesco Bestiario moralizzato di Gubbio l’orsa che plasma i figli con la bocca diviene il simbolo della Chiesa che forma il cristiano per mezzo del battesimo.
Coloro che hanno l’Orso come animale di potere sono o potranno diventare persone forti e silenziose, coraggiose, agili e introspettive ma veloci, anche mentalmente. Le donne, ma non solo loro, hanno un forte istinto materno e sono molto protettive. Sono però talora individui scontrosi e, se in collera, feroci. Il loro cuore, ben protetto dalla possenza, è tuttavia dolce, come il miele di cui amano nutrirsi. Faranno bene ad aggiungerlo alla loro dieta. Possono diventare grandi condottieri.
Se si sincronizzano col ritmo naturale del loro alleato (e saranno più potenti se lo fanno), lavoreranno solitari e daranno vita a nuovi progetti nella stagione fredda per poi confrontarsi con gli altri in primavera-estate. Anche la loro vita affettiva e il sesso saranno più attivi nella bella stagione.
Non di rado persone -specie maschi- la cui madre forte è stata determinante nella loro vita, hanno l’Orso come animale di potere.
Specialmente loro devono evitare la tentazione di rimanere sempre chiusi nella loro caverna.
La lezione dell’orso ci indica come sia sommamente importante trovare ogni tanto del tempo per fare il punto della situazione e cogitare sulle nostre future direzioni. perché solo attraverso la calma, possiamo riuscire ad ascoltare la voce del nostro essere più intimo, che ci può dare le risposte a tutte le nostre domande o la soluzione a tutti i nostri problemi.

 

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