Tubalcain il metallurgo.

Nei fine settimana cerco di proporvi degli articoli che vi possano fare un po’ di compagnia (dato il periodo di forzate restrizioni, almeno nei luoghi dai quali scrivo), impegnandovi un po’ di più del solito nella lettura, che spero possa essere coinvolgente ed interessante.
Quello di oggi tratteggia l’affascinante ritratto del personaggio biblico Tubalcain collegandone vicende e significati esoterici / alchemici.
La narrazione di Tubalcain si innesta con la vicenda di Caino essendone, secondo la tradizione biblica, diretto discendente; alcune riletture delle vicende bibliche narrano che quest’ultimo stava aiutando il padre, ormai cieco, Lamech nella caccia quando in lontananza apparve Caino.
Lamech lo scambia per un animale; Tubalcain approfittò dell’occasione (sembra che fra Caino e Tubalcain ci fossero profondi attriti) e, ingannando il padre, confermò che quello che era difronte a loro era effettivamente un animale.
Lamech uccise, così, Caino ma, subito dopo, rendendosi conto di quanto compiuto, in un impeto di disperazione, uccide accidentalmente anche figlio Tubalcain.

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Tubalcain o Tubal-Cain, personaggio biblico, è fratello di Naamah ed è “il fabbro, padre di quanti lavorano il rame e il ferro” (Genesi 4,22).
Tubalcain, secondo alcune etimologie, “colui che spezia (aromatizza) il mestiere di Caino”, è il capostipite della famiglia dei fabbri, i Cainiti, esperti metallurghi, ossia di coloro i quali possedevano i segreti della metallurgia, poi sfociati nell’alchimia.
Il fabbro alchimista, nelle società tradizionali, è il mestiere che viene subito dopo quello dello sciamano: ha i poteri di guarigione e di predire il futuro, ma soprattutto ha il “potere del fuoco” e possiede la magia dei metalli, ossia della trasformazione.
Tubal-Cain è come Efesto, il fabbro degli dèi, esperto del fuoco, della metallurgia ed è come Vulcano, il cui nome deriverebbe dalla folgore o, ancora, come l’irlandese Goibniu, figlio di Brighit e di Tuireann, della stirpe divina dei Tuatha Dé Danann, gli Dèi della Dèa Dana, il quale possiede l’idromiele, il liquido che simbolicamente indica le nozze alchemiche tra l’acqua e il fuoco, ossia tra l’acqua e la luce.
Tubal-Cain è strettamente collegato a Caino, il cui nome ebraico è Qáyin (simile a Qayn, fabbro), che significa acquisizione, lancia di metallo e, secondo Enrica Perucchietti e Paolo Battistei, anche fuscello di canna. Caino è nato, secondo la leggenda che lo riguarda, dall’unione di Eva con l’angelo Samma’el o da quella di Adamo e di Eva, la quale al momento del parto dice: “Ho acquistato un uomo dall’Eterno”.
Caino, in quanto “lancia di metallo” o “fuscello di canna”, è collegato ai miti dei “figli della canna”, come l’armeno Vaghan, fanciullo divino, unione di tutti i contrasti.
Mosé di Corene, nella sua Storia racconta della nascita di Vaghan: “Partoriva il cielo, partoriva la terra, partoriva il purpureo mare. Aveva le doglie, nel mare, la canna sanguigna. Dal grembo della canna uscì una fiamma, e dalla fiamma saltò fuori un bambino: fuoco erano i suoi capelli, fuoco era la sua barba. E i suoi occhi erano il sole”.
Del figlio della canna si narra anche nelle leggende ebraiche Haggadah.
Una lancia di luce mitologica è la Gae Bolg del semidio irlandese Cú Chulain, che deve essere preparata in un corso d’acqua per la sua potenza distruttiva. Un’altra arma di ferro misteriosa è la spada di Fergus Mac Roich, la Calad bolg, anch’essa di fiamma o di luce.
Una lancia divina è quella di Lug, il dio luminoso dei Celti, la Lancia Lúin, da luisne, che significa fiammeggiante, così calda da dover essere conservata con la punta in basso nell’acqua.
Una lancia famosa è quella di Longino che apre il costato di Cristo messo in croce (il divino nello spazio tempo) e dal costato sgorga acqua (acqua celeste, che la cabala fonetica accosta alla rosa: ros, rosa).
Abbiamo in questi miti un chiaro accostamento tra il fuoco o la luce e l’acqua, così com’è per le canne palustri.
La ninfa dell’acqua Siringa per sfuggire a Pan entra in un canneto e si trasformò in canna. Pan la prende, la taglia in sette pezzi e forma il suo flauto. Il numero sette esprime la globalità, l’universalità, l’equilibrio perfetto e la creazione.
Calamo, dal greco antico kalamos, è una canna e Kalamos, figlio di Meandro, è una divinità fluviale che si lascia morire annegata e rinasce come canna palustre.
I miti di Vaghan , di Siringa e di Kalamos ci danno già alcuni indizi importanti.
Kalamos è una divinità fluviale, figlio di Meandro, ossia di una sinuosità fluviale, di un’ansa, di una sorta di nodo, dove l’acqua rallenta e ristagna, dando luogo ad una palude, dalla quale nasce una canna, ossia una materia solida. Così abbiamo la fissazione, attraverso la canna, che simboleggia l’axis mundi, del fluire del divino, rallentato da un nodo e impaludato (terra-acqua).
Siringa, per fuggire al Tutto (Pan l’eterno) e all’eternità si trasforma in una materia solida, che il Tutto Eterno trasforma, spezzettandola in sette pezzi, nel suo strumento, con il quale suona l’armonia del mondo. Il flauto di Pan è la vibrazione del Tutto Eterno che, attraverso lo strumento della canna, crea la molteplicità.
Nel mito di Vaghan a partorire il fanciullo di fuoco, ossia di luce, è una canna sanguigna, dalla quale esce una fiamma: luce. Qui entra nella necessaria considerazione l’elemento sanguigno, che è il veicolo attraverso cui l’anima si incarna. In questo caso il fanciullo divino partorito dalla canna è l’immagine della presenza della luce nella canna, così come nella lancia di Lug o di Cú Chulain. La luce è nella materia e si palesa come fuoco.
La lancia, così come la canna, evocano l’axis mundi, il palo, la spina dorsale di Osiride, che è simbolo del Logos e della fissazione nello spazio tempo dello “spiritus”, ossia dell’azione dell’Arché (Informazione infinita o Principio). “Esiste – scrive Patrik County – un simbolo per il Verbo o per il Logos. Si tratta di un palo o di un perno…”.
Cristo è appeso ad una croce, ossia ad un albero che simbolicamente rappresenta lo spazio-tempo. Odino è appeso all’axis mundi Yggdrasil.
La croce è lo spazio tempo e sulla croce spazio-temporale i chiodi di ferro (metallo) fissano nel legno il Rex, simbolo dello spirito, cosicché la luce fissa nella natura l’Informazione.
Il Rex è impalato sull’axis mundi ed è fissato con il metallo. Che nella Natura sia contenuto lo spirito è dichiarato nella scritta INRI che sovrasta la croce, il cui significato occulto potrebbe ben essere: In Natura Regem Invenies (Nella natura si trova il Re).
Fatti questi richiami mitologici possiamo entrare nel vivo della nostra riflessione.
Caino, come s’è detto, è una lancia di metallo, ossia è un elemento attivo, prodotto dal metallurgo Tubalcain.
Il vocabolo metallo deriva dal greco metallon, miniera, ma anche, secondo alcuni, da meta (infra, in mezzo) e allon dalla radice *al (sanscrito *ar) dal significato di andare, muovere (verbo alomai = vado errando o elaô = metto in movimento).
Il metallo, adatto ad essere forgiato, è qualcosa che viene dal profondo, estratto dalle oscurità della miniera, che possiamo simbolicamente assimilare all’Arché o Inconscio profondo ed è un infra-movimento, un movimento intermedio: luce che condurrà alla materia.
Il vocabolo greco φῶς (phaos/phōs), la cui radice corrisponde a quella del verbo phainō, che significa “mostrare”, “rendere manifesto” (phainesthai), è anche in origine non solo la luce come mezzo per vedere, ma anche la luce che emana la verità raggiunta tramite la conoscenza.
Phōs, la luce della verità (aletheia), ossia l’informazione cosciente istantanea che si svela alla conoscenza, si volge verso i mondi, si mostra, si rende manifesta come luce fotonica, dove fotone deriva anch’esso da ϕῶς.
Abele è Havel in ebraico, dai significati di respiro, soffio vitale, vapore che condensa, ma anche di vuoto, infinito, nulla.
Il mito di Caino che uccide Abele può essere letto, come tutti i miti, in vari modi.
Un esempio: Caino è l’agricoltore e Abele è il pastore.
Nell’affermarsi dell’archetipo patriarcale del capo della tribù nomade dei pastori che governa il suo gregge, possiamo vedere l’affermarsi del mondo patrilineare dei nomadi allevatori e guerrieri che hanno imposto gli dèi celesti alla Grande Dèa Madre dell’agricoltura del neolitico. In questo caso, però, sarebbe Abele ad uccidere Caino.
Per quale motivo, nella tradizione biblica, è Caino che uccide Abele e non il contrario, visto che il dio biblico è archetipicamente un patriarca pastorale? Perché il suo preferito soccombe?
La chiave di comprensione sta in Tubalcain.
Caino, in quanto lancia di metallo,“uccide” Abele, il nulla, il niente, l’infinito, fissandolo in un limite, lo impala sull’axis mundi.
Chi è capace di compiere l’operazione? I Cainiti, gli esperti metallurghi, i padroni del fuoco, come Tubalcain, Efesto, Vulcano, Goibniu.
Il fuoco è simbolicamente l’ardore dell’Arché che emette la luce, che è il vero agente della fissazione e i “padroni del fuoco” sono i padroni della luce.
L’informazione cosciente, che alcuni scienziati contemporanei considerano la sostanza del Tutto (Principio, Arché), come ci insegna la fisica quantistica con il concetto di entanglement, si trasmette istantaneamente, al di là della velocità della luce, che è il limite entro il quale l’informazione si trasmette a chi è un osservatore e un attore in questo universo spazio-temporale nel quale viviamo.
La luce è energia appartenente al dominio del campo elettromagnetico, il quale imprigiona l’informazione e la fissa in una rete, che è il gramma sul quale è tessuta la vita. In questo senso, come è detto nel Vangelo di Giovanni, la Natura (zoé) è la luce degli uomini, perché la natura è il prodotto del dominio del campo elettromagnetico, che fissa l’informazione entro il limite della velocità della luce, la quale, come insegna Einstein, è una delle componenti dell’equazione che stabilisce il rapporto tra energia e materia: E= mc2.
Fulcanelli ci sovviene, spiegando, con le parole dell’alchimia, che airen in greco è la calamita, “la virtù rinchiusa in quel corpo chiamato dai saggi: nostra magnesia”,[10] ossia magnete, la nostra anima terrestre, il campo elettromagnetico che ci avvolge e ci forma.
In greco, spiega ancora Fulcanelli, sideros è ferro e calamita, ossia magnete (magnesia) e calamita è vocabolo che deriva da calamus, dalla radice indoeuropea *kal o *cal (sanscrito *cal), che significa muoversi, gettare, spingere e dalla quale derivano spina, freccia, e canna, dove calamo è la canna per scrivere.
Il gioco di parole ci riporta ad un calamo che è calamita, magnesia o magnete, che è lo strumento con il quale è scritto il nostro corpo, la “nostra magnesia”, il nostro pro-getto.
Il “fiat lux” è pertanto l’avvio della fissazione, nel limite della luce, dell’informazione e della conseguente produzione del mondo materiale.
Il Logos, il Demiurgo, il lavoratore dell’energia, che è l’agente dell’ardore del Principio (Arché), tesse il mondo dandogli un senso e un ordine.
Un mondo dimentico del Logos è un mondo che ha perso il senso, ossia l’orientamento: non è più all’Oriente, ma alla deriva.
La luce è il limite nel quale viaggia l’informazione nella rete con la quale è tessuto il mondo ed è, pertanto, un veicolo che rallenta e limita l’istantaneità della trasmissione dell’informazione.
Il Tutto (Principio, Arché) è istantaneità e, in quanto tale, atemporalità e il suo ardore, che lo fa calare nella luce, lo limita e lo fissa nello spazio-tempo, che è campo gravitazionale.
Acquista così un senso preciso la frase biblica che dice che Dio ha formato il mondo con calcolo, peso e misura.
Il campo elettromagnetico, per dire la stessa cosa in altri termini, è la rete che il Demiurgo estrae dal vuoto quantico annodando il filo di luce con il quale tesse il mondo.
Il Principio (Tutto, Arché), infinita informazione cosciente, nella sua istantaneità è immobile.
Ed ecco che Tubalcain, il metallurgo, il padrone del fuoco, è il Demiurgo che consente a Caino di essere lancia di metallo e, in quanto tale, di essere l’uccisore del niente, che grazie all’opera demiurgica, è diventato ente diveniente.
In queste accezioni metallo è simbolo di qualcosa (la luce) che esce, come luce essenziale, dalle viscere della tenebrosa Arché (Principio, Tutto, il Nero luminoso, l’infinita Informazione) per essere forgiata, come luce del campo elettromagnetico, dal metallurgo, ossia da Tubalcain.
“I fisici – scrive Carlo Rovelli – chiamano «campi» le sostanze che costituiscono, al meglio di quanto sappiamo oggi, la trama della realtà fisica del mondo”.
Tubalcain costruisce la rete, il campo, ossia la trama del mondo: il gramma sul quale l’Arché scrive, mediante il Logos, che è ancora Tubalcain, il proprio pro-gramma in un ologramma.
Lasciare i metalli fuori dal Tempio significa pertanto abbandonare la luce elettromagnetica del sole evidente (Helios) per tornare all’essenza, alla vera luce, che non è solare o lunare, ma istantanea conoscenza sostanziale, essendo la sub-stantia l’Informazione infinita del Principio (Arché, Tutto).
Ogni mito, come sostiene Lévi-Strauss è collegato ad altri miti o ne costituisce una variante; è complementare ad altri miti a tal punto che il variare di un mito induce il variare degli altri. E’ come se tutti i miti fossero interconnessi.
Il mito di Caino e Abele e la figura biblica di Tubalcain aprono la via ad ulteriori riflessioni, la prima delle quali riguarda la rete, l’intreccio celtico, il nodo, la cista di Demetra: tutte allegorie del tema della tessitura.
“Tutto – scrive Patrik County – è composto di nodi, è questo il tessuto della vita” e aggiunge, ricordando la corda d’oro di Zeus con la quel egli attira a sé i mondi (Iliade): “Forse l’immagine di un universo fissato a cordicelle potrà sembrare strampalata, ma la moderna teoria delle «supercorde», proponendosi di collegare la teoria della relatività e quella dei quanti, presenta un’immagine del cosmo molto simile”.
Infine, poiché i miti parlano un linguaggio universale e sempre attuale, una considerazione relativa all’attualità di questo nostro mondo nel quale viviamo.
Se l’Informazione essenziale si trasmette istantaneamente ed è appercepibile come conoscenza immediata, come epopteia, come “illuminazione” e, in quanto tale, non è soggetta ad alcun controllo di alcun apparato, la trasmissione dell’informazione che viaggia attraverso il campo elettromagnetico è soggetta al controllo e alla manipolazione. Il campo elettromagnetico è violabile. E’ il grande tema di oggi, dove il confronto in atto è quello del dominio degli strumenti che veicolano il campo e l’informazione, con algoritmi che vorrebbero imitare il “calcolo” divino del Logos.
C’è chi vorrebbe elevarsi ad un umano Tubalcain, per fondare una nuova schiera di Cainiti (seguaci di quelli gnostici, non dei metallurghi del Logos), non più simbolici e “divini”, ma molto umani e ammalati di volontà di potenza.
Oggi più che mai è in gioco la libertà dell’essere umano, che è la sua nota caratteristica essenziale, senza la quale l’essere umano è disumanizzato e ridotto ad un automa.
Oggi più che mai è necessario lavorare al bene e al progresso dell’Umanità.

Fonte: www. laboratoriocasadellavita.it

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