L’ arte Segreta

Se un dipinto ha fatto scorrere molto inchiostro, nella storia di Rennes, questo è “Bergers d’Arcadie” di Nicolas Poussin.
Nicolas dipinse questo tema per la prima volta intorno al 1628 (ne esistono due versioni).
Quest’ultimo era certamente a conoscenza del dipinto del Guercino “Et in Arcadia ego” che si trova nella collezione della famiglia Barberini, protettori del pittore.
Il dipinto compare solo durante l’inventario dei beni del cardinale Massimi nel 1677.
È possibile che ne fosse il committente. Ora è in una collezione privata a Chatsworth, in Inghilterra.
Questo è davvero un dipinto curioso: tre pastori e una pastorella davanti a una tomba, ma tutti i personaggi sono di spalle, tranne la pastorella leggermente dietro e di profilo. La tomba è in stile barocco, il paesaggio non mostra nulla.
Da cosa possiamo imparare un dipinto che non mostra altro che personaggi di spalle? Solo una cosa: la frase “Et in Arcadia ego”.
Questo dipinto è realizzato in modo che lo spettatore, proprio come i pastori, si fermi su questa frase.
Ho fatto questo preambolo per darvi la chiave di lettura dell’interessante articolo scritto da Alessandra Micheli (pubblicato originalmente per la rivista Lex Aurea n° 51) che ci offre un’interessante riflessione sui ‘segreti’ nascosti, molte volte, nell’arte pittorica.

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Davanti a un quadro, molte sono le emozioni che possiamo provare e che ci colpiscono.
Quell’insieme di linee, colori e forme abilmente unite in un tutto armonico possono suscitare meraviglia, orrore, ma anche trasportarci nell’universo del mito e perché no accendere passioni, innescare la voglia di sacro.
L’arte rende immortali storie e personaggi, ma anche simboli e persino dottrine religiose.
Raccontano di un tempo perduto, illustrano paesaggi dell’inconscio e dell’anima.
L’artista diventa il Deus ex machina, dotato del potere di creare non solo immagini, ma stati d’animo riuscendo persino a plasmare l’uomo mostrandogli l’abisso e il paradiso. E proprio perché permette di illustrare simboli, di accostarsi al sacro, di accendere corde nascoste dell’anima umana, che spesso l’arte fu usata per narrare una storia segreta. O ancor di più dottrine segrete.
Molti pregevoli artisti, specie rinascimentali, utilizzavano particolari principi desunti dall’alchimia e dalla geometria sacra per illustrare le loro convinzioni, nonché le informazioni in loro possesso.
Ed è questa caratteristica che pone alcune opere in relazione al mistero di Rennes rendendo la pittura un’arte segreta o una custode di segreti.
Ed essendo l’arte universale, il primo elemento che i dipinti suggeriscono è che il loro messaggio, il messaggio di Rennes, è in realtà, qualcosa di più grande, di un pittoresco mistero locale. Un segreto forse collegato al significato di Arcadia, all’importanza della tentazione, che potrebbe avere come titolo proprio: “E in Arcadia io sono”.
Perché, però, alcuni pittori scelsero di codificare informazioni in dei dipinti? Per uno sfrontato senso elitario?
La risposta che appare più plausibile riguarda la natura di certi segreti che fa ipotizzare che questi fossero in opposizione all’ortodossia della chiesa cattolica.
In pieno rinascimento, la chiesa cattolica era la sede del potere, che stendeva il suo controllo nei campi non solo politici e sociali, ma anche, e oserei dire soprattutto, nel campo culturale e scientifico.
Era molto pericoloso, pertanto, diffondere teorie contrarie a quelle dell’élite che gestiva i canali del potere. Tuttavia, la cosiddetta corrente sotterranea, attraeva inevitabilmente le menti più fervide e duttili. Ci furono anche importanti appartenenti dell’élite culturale cattolica che si impegnarono a diffondere e conservare molte delle dottrine eretiche , basti pensare a Giulio Rospigliosi o Athanasius Kircher, l’autorevole gesuita storico e scienziato.
In lui, personaggio chiave della cultura del 600, si racchiudevano gli elementi più importanti della conoscenza sacra:quello gnosticismo di stampo ellenistico che si ritrovava nell’insegnamento di Gesù Cristo. Non solo.
All’epoca era diffusa altresì la convinzione che la religione dell’antico Egitto, fosse alla base non solo delle religioni dei greci e dei romani ma anche dell’ebraismo e del cristianesimo.
Queste conoscenze derivate dalla tradizione egiziana, erano conservate nella parte esoterica di ogni religione, quella che in sostanza, era più vicina alla verità originaria. La conoscenza di queste dottrine, però, risultava altamente pericolosa e pertanto, come ebbe spesso a dire il Kircher: se conosci il messaggio segreto custodiscilo gelosamente.
D’altro canto, era anche importante diffonderlo affinché non si perdesse attraverso i secoli. E quale modo migliore se non attraverso l’arte?
Forse Poussin e Tieners furono messi al corrente del segreto affinché esso fosse comunicato a quelli che erano in grado di comprendere il codice. Se nel caso di Tieners possiamo soltanto congetturare la sua conoscenza della tradizione segreta, in virtù dei suoi interessi esoterici, di Poussin ci troviamo di fronte a una strana e illuminante coincidenza: Poussin era solito frequentarsi con alcuni gesuiti di famosa nomea quali Lorenzo Pignoria, Gerolamo Aleandro e guarda caso, Athanaius Kircher !
Proprio il Kircher colui che più di ogni altro si interessava di linguaggi cifrati e di sapere occulto.
L’arte fu quindi uno dei modi con cui fu possibile tramandare tradizioni e conoscenze esoteriche, che trasportate sulla tela, acquisirono una duratura immortalità destinata ad attrarre coloro che si inoltrano alla ricerca di verità credute perdute.

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