Ode alla libertà: un’etica neopagana

È un paio di giorni che sono assente dal blog perché mi hanno invitato ad una ‘Coven’ come spettatore / cronista (niente foto, però, ed ho rispettato l’impegno) e ho potuto riempire il mio ‘taccuino’ di appunti veramente interessanti che poi condividerò con voi, miei lettori.
È stata anche l’occasione di pensare a quelli che saranno gli argomenti prossimi di questo blog che diventerà sempre più intimo, una specie di diario di uno stregone nell’animo alla ricerca della propria essenza e del proprio spirito.
Ne ho approfittato per stilare, anche, il sommario del prossimo quaderno di appunti ‘Esoterica n°3’ che avrà come filo conduttore profezie e divinazione.
Sono in ritardo per ora di ‘soli’ quindici giorni(…non è una novità) e spero di concludere il numero prima della fine dell’anno.
Passiamo all’articolo che vi propongo oggi.
Anche questo è un articolo al quale dedicare un po’ di attenzione e tempo.
Chi ha visitato il mio blog mi ha fatto i complimenti ma lo ha anche definito ‘impegnativo’ da leggere a tratti.
Questo mi ha fatto piacere perché vorrei che questo spazio, che non ha alcuna velleità commerciale a parte quella di fare conoscere quello che pubblico, possa essere anche l’occasione per chi legge di riflessione.

Questo bellissimo Post è di Davide Marrè (www.Athame.it) che fa il punto in maniera puntuale e inappuntabile della filosofia di libertà, accettazione, apertura dell’essere Wicca e neopagani, partendo dalla massima:

“Fa ciò che vuoi se non danneggia nessuno.”
Sposo totalmente questo senso di libertà, di pace e di accettazione che traspaiono da quello che dice Davide.
Chi legge questo blog sa quanto scrivere di quello che non è per il sentire comune razionale, sia spinto dal pensare che l’uomo tenda e sia parte di  qualcosa di più grande e profondo della banale prospettiva  imposta dalla tecnocrazia imperante, qualsiasi sia il credo religioso, la tendenza politica o sessuale.
Recuperare l’uomo (in senso cosmico) irrazionale, sognatore  e spirituale che  alberga in noi è l’unica vera speranza di dare senso all’esistenza.
Esistono da sempre due idee di paganesimo che sono cresciute nel nostro paese.
La prima è quella di un paganesimo “debole” che vede nella definizione di paganesimo (o neopaganesimo), l’ombrello che raccoglie qualsiasi cosa definisca sé stesso come pagano.
La seconda è un’idea “forte” di neopaganesimo, come religione o insieme di religioni o insieme di correnti religiose, raccolte attorno a principi etici e spirituali.
Questo neopaganesimo individua all’interno del paganesimo contemporaneo due correnti, identificate come religioni o insiemi di culti, animati da valori molto diversi tra di loro.
La prima corrente propriamente neopagana e la seconda veteropagana e/o tradizionalista.
È su questa seconda concezione di neopaganesimo con cui mi misurerò, una concezione che non accetta come neopagano tutto ciò che si definisce neopagano: parafrasando uno dei principi  del tanto contestato Concilio delle streghe di Minneapolis degli anni ’70,  “per essere pagani non basta definirsi pagani”, o se preferite mettere i puntini sulle i… per essere neopagani non basta definirsi neopagani.
La visione di un neopaganesimo forte si misura inevitabilmente con dei valori differenti dai valori tradizionali.
In questo senso il tradizionalismo è visto di fatto, in una prospettiva realmente neo-pagana, come un nominalismo a cui non corrisponde un reale cambio di valori e di etica rispetto all’etica dominata dal cristianesimo: questi valori infatti si rifanno in un modo o nell’altro a quella civiltà dei “padri” (anche se sarebbe meglio dire di certi “padri” e certe “madri”), che si fonda sul sessismo, sulla divisione dei ruoli, sulla segregazione e sulla dominanza.
Questo non significa che sia l’unica civiltà dei padri possibile o che sia determinata in modo esclusivo dal genere maschile (al contrario), o in cui il maschio abbia tante più colpe rispetto alla donna.
Questa tuttavia è la civiltà che abbiamo conosciuto fino ad oggi.
La civiltà, per come la vedo io, è una configurazione di potere e di poteri a cui ogni essere umano collabora anche contro sé stesso.
Questa civiltà, cosiddetta “patriarcale”, si fonda sulla schiavitù, sulla sottomissione, sull’odio per il diverso, sulla segregazione: oggi è la sottomissione tutta contemporanea al denaro, ma anche a un dirigente, a un presidente, a un re, a un imperatore e alla figura più astratta del Dio dei monoteismi o piuttosto ai suoi comandamenti.
I padroni del mondo usano le religioni come strumento di governo o di terrore, per restare nell’attualità dei recenti attentati.
 È l’omofobia e il razzismo.
È la violenza di chi uccide chi non ha lo stesso credo, ma anche di chi vilmente entra in un locale gay e fa una carneficina di vittime innocenti solo perché “amano in modo differente”.
È la meschinità di chi propaga le idee del Mein Kampf.
È l’attitudine a trovare sempre un responsabile esterno ai nostri problemi, esterno e “alieno”: l’immigrato, lo zingaro, l’omosessuale, l’ebreo, l’appestato, la strega, ecc….

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